Piccola saggezza e grandi fuochi

“La lontananza diminuisce le piccole passioni ed accresce invece le grandi, così come fa il vento, che spegne le candele e ravviva il fuoco”

da una massima di La Rochefoucald, letta sulla Settimana Enigmistica

Bisogna saper ridere di sé stessi, ed io adoro spigolare il sapere antologico dei giochi di enigmistica. Molto spesso, le massime, i proverbi, le citazioni, hanno qualcosa di  magico in loro: sono piccoli frammenti distillati di esperienza, pregiudizio e saggezza fusi insieme.

Non disprezzo l’ispirazione che proviene dai piccoli momenti zen sparsi in giro un po’ ovunque. L’arte di osservare senza pregiudizi è preziosa, perchè ogni cosa osservata in assenza di schermi che impediscano di accettarla diventa fonte di consapevolezza.

Dove c’è uno schermo di inculturazione, appare la lacuna del campo visivo che costituisce il tabù. Infatti, il luogo comune un po’ romantico sulla lontananza che accresce l’ardore delle grandi passioni mi ha fatto sorridere. Leggendo, si salta ovviamente alla conclusione che qui si stia parlando del “cosiddetto” amore, la calamita naturale che attira corpi e sentimenti degli esseri umani ingannandoli per indurli all’atto della riproduzione. Ma la passione è qualcosa di diverso.

Cos’è questo metaforico fuoco? Per me, è la forza che permea l’universo, ed è quella forza che ha causato l’esplosione di un uovo cosmico nel Big Bang e la formazione della materia in espansione come noi la conosciamo. E’ l’energia coesiva, il substrato che vivifica la materia, ed allo stesso tempo ciò che rende la materia, che è tutta vivente, cosciente della propria vita. C’è un fuoco che da inconscio diventa conscio nell’evoluzione della materia, lo stesso fuoco prende coscienza di sé. Nel prendere coscienza, infonde coscienza alla materia che inabita.

Ma l’energia e la materia rimangono due cose distinte. Forse c’è energia ed energia, nel senso che l’energia che scaturisce dopo l’impulso dell’energia primordiale o fuoco, è energia diversa, cinetica. Energia che non ha coscienza di essere finchè il fuoco primordiale non le infonda questa coscienza.

Il fuoco, penso sia lo spirito. La materia è la terra.

E allora cosa sono il vento e la distanza, rispetto a questo fuoco? La lontananza è lo spazio da riempire, che è irraggiungibile, non ha confini nella mente dell’uomo, è duttile, informe, liquido. La distanza è l’acqua, l’oceano universale da navigare. Almeno, lo spazio metafisico sembra non aver confini, ma per quanto riguarda lo spazio dell’universo, sembra che debba averne, per confinare con altri universi.

Invece il vento è il desiderio di espandersi attraverso lo spazio, di svilupparsi e crescere. Il desiderio è l’aria.

Se consideriamo che l’esistenza è ritmica, che la materia vibra, e nel vibrare segue delle fasi, il desiderio di espandersi corrisponde alla spinta, come avviene ad esempio nel parto. Invece la contrazione, il moto verso l’interno, è quella fase della vibrazione della materia in cui si percepisce l’interno di sé come desideroso di ricevere l’esterno sconosciuto, percepito come “vuoto cosmico”.

Attraverso contrazione ed espanzione si percepiscono le mura interiori ed esteriori, le membrane percettive, quella parte della nostra persona che è noi, ma non è completamente noi – ne è solo la terza parte, il corpo, senza la quale non saremmo umani.

In noi, la terra-materia è il corpo, l’acqua-spazio la mente che esplora lo scibile e misura il non-io, il desiderio è il vento, o psiche, o spirito umano, e il fuoco è la somiglianza divina, la presenza di vita non nostra che ci rende vivi e coscienti e in costante evoluzione.

Ed è proprio vero che dalla prova della lontananza si misurano le entità delle passioni. Il piccolo fuoco della candela è la volontà incostante, debole, orientata all’immediato, paurosa, ripiegata su sé stessa, incapace di proiettare grandi concetti. Il fuoco della candela ha bisogno di ossigeno calmo, di vicinanze concrete, nei rapporti umani si accontenta delle persone che si ritrova intorno anche se queste sono superficiali, meschine, rozze. Nelle cose spirituali si accontenta di sentirsi a posto attraverso una devozione scontata, religiosa, senza chiedersi interrogativi sull’esistenza di Dio, e può anche aspirare a grandi altezze teologiche, ma non si allontanerà mai dalla conchiglia protettiva zuccherosa del buonismo, in fondo.

Il piccolo fuoco nell’erotismo sarà banale, pornografico, scontato, e necessariamente vivrà sensi di colpa e sentimenti di ipocrisia. Non saprà mai accedere all’idea della sacralità del sesso, si limiterà a credere che questa sacralità equivalga all’imposizione morale e sociale del matrimonio. Leggerà il Cantico dei Cantici con l’atteggiamento bigotto dei fidanzatini al corso pre-matrimoniale. Il piccolo fuoco indosserà sempre i panni della rispettabilità, siano essi giacche a doppio petto nel mondo degli affari, un abito religioso in qualsiasi religione del mondo, una qualsiasi moda che qualifichi le “donne realizzate e intelligenti”, le madri, le casalinghe, le lavoratrici.

Il piccolo fuoco non reggerà mai il desiderio cosmico, l’elemento dell’esplorazione dell’infinito, perchè è un riflesso, un’increspatura dell’acqua, una illusione, un gioco, il credere che il gioco sia reale e che sia “il tutto” della vita.